domenica 8 maggio 2011

Pensierino della sera...




"Colui che non sa niente, non ama niente.




Colui che non fa niente, non capisce niente.




Colui che non capisce niente, è spregevole.




Ma colui che capisce...ama, vede e osserva.




La maggiore conoscenza è congiunta indissolubilmente all'amore.




Chiunque creda che tutti i frutti maturino contemporaneamente come le fragole,




non sa nulla dell'uva."








Paracelso in "L'arte di amare" di Erich Fromm


Ogni cosa si costruisce con dedizione, tempo e sacrificio.

Lo studio, il lavoro, i sogni, le relazioni.

Anche l'amore.

Perché come scriveva Emily Dickinson: "il 'per sempre' è fatto di tanti 'ora'".

martedì 3 maggio 2011

Le parole hanno i denti

"Ci sono pensieri che hanno i denti. Che a pensarli fanno male.

Ci sono pensieri che cerchi di non pensare mai, perché una volta pensati niente è più come prima.

Ci sono pensieri che hanno i denti e quando li pensi cominciano a mangiarti."


Alice nell'ombra, Barbara Garlaschelli


Anche le parole hanno i denti.

Quelle che nascono dalle idee che smuovono le montagne, che raccontano la vita e cercano di forgiarla, mordendo il male e il dolore, affinché ricresca il bello e il vero.

Poi ci sono quelle che ti giudicano, che mordono la tua vita e fanno anche un po' male.

Ma non uccidono.

Né la speranza, né i sogni, né le idee, né le fatiche di ogni giorno.

Un mondo concreto si costruisce così: continuando a mordere il male con "parole che conducono ai fatti",senza lasciarsi uccidere dai morsi di quelle altre parole che di concreto hanno solo una cosa: la forma.

sabato 23 aprile 2011

Che sia per voi...

...Pasqua ogni giorno, perché...

"Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo"(Mt 28,20)

per portarci in braccio verso un mondo in cui...


"Fuggiremo il riposo, fuggiremo il sonno,

supereremo in velocità l'alba e la primavera

e prepareremo i giorni e le stagioni

a misura dei nostri sogni"


Paul Eluard


Fate di tutto perché questo sia possibile...auguri per una Pasqua serena dalla vostra Allegra!

martedì 19 aprile 2011

Sotto il cielo di Firenze



Tra le dieci cose per cui vale la pena vivere, una volta scrissi: affacciarsi dalla terrazza del Piazzale Michelangelo e vedere Firenze in una notte stellata.

Dimenticai, però, che lasciarsi bagnare da quelle stelle stringendo una mano nella tua, è molto di più che un numero in un elenco finito.

E' la vita stessa, che sotto a quel cielo, chiede solo di essere guardata, respirata e amata.

Tutto questo lo so grazie a te.

domenica 17 aprile 2011

Passione


Inizia con grida di trionfo e sorrisi aperti di benvenuto, per poi consumarsi in un dolore che, goccia dopo goccia, fa tremare l'intera terra e squarciare il cielo in due.

Come se tutto fosse morto nel niente.

O il niente si fosse perso nel Tutto.

Passione.


Per Cristo viene usata per indicare la Sua triste sofferenza finale.

Ma "passione", se presa in un contesto amoroso, la si legge come un abbandono pieno di gioia.

Due amanti nel trasporto si baciano, prendendosi anche l'anima.

Cristo invece trasporta una croce, a volte perdendosi tra una caduta e un'altra, altre rialzando quel volto insanguinato senza smettere di trascinarci tutti insieme a Lui.

Che contraddizione nel lessico, verrebbe da pensare.

Oppure...la parola "passione" ci vuole suggerire la stessa, medesima cosa?

E cioè che l'Amore porta indissolubilmente con sé sacrificio e gioia?

Ma nessuno al mondo vuole soffrire.

E' una legge non scritta.

E allora cosa ci spinge alla passione?

Cosa ci muove verso quel trasporto di anima e di carne che serba la capricciosa certezza di vivere solo nel presente?

L'Amore è l'unica risposta che conserva tutte le domande.

Sono i passi di Cristo verso il calvario.

E sono i passi di due anime che si promettono il futuro senza conoscerlo.

O forse anche di un'anima sola, che vive di una passione nascosta e illusoria, che consuma e poi annienta senza domandare, senza invadere, senza ribellarsi.

Come Cristo di fronte a Pilato.

E' un silenzioso tormento, che non chiede il "per sempre", perché già lo possiede nel cuore.

Amare è già un per sempre.

Che vive, trascinandosi i ricordi che ammazzano il tempo ammazzando il dolore che si annienta a poco a poco.

E che resta, come una parte di noi che non possiamo toglierci.

La costola che abbiamo rubato per poter stare in piedi.

Anche questo è passione.

E se un giorno saremo capaci di non rinnegare il dolore che inevitabilmente consuma il tempo dedicato, era amore.

Perché l'amore non dimentica, non butta via niente, non distrugge e non sparisce.

Ma stordisce, soprattutto quando ti inganna di voler restare per sempre.

Ma così come quel chiodo che, penetrandogli dentro, lo ha fatto gridare di dolore, anche il nostro amare di ogni giorno ci lascia intravedere le inevitabili prove che l'amore si trascina con sé.

Spingendoci ad accettarle, perché non riusciamo a vivere senza.

Come per quell'Uomo che non si è mai voltato indietro, nonostante il dolore.

Come quei passi che facciamo ogni giorno consegnandoci l'anima, per dedicarci un per sempre che già ci appartiene.

lunedì 4 aprile 2011

Il palloncino azzurro


Quando, da piccola, mi compravano quei palloncini con il filo, facevo di tutto per tenermeli stretti.

Non importava di che colore fossero, che forma avessero o se fossero grandi o piccoli.

Mi tenevo il filo attorcigliato al braccio e, anche se faceva male, non volevo allentarlo neanche un po'.

Un giorno mi regalarono un palloncino azzurro.

Andai sulla spiaggia e feci finta di farlo volare.

D'un tratto, successe che il filo si sganciò dal mio polso, e quel palloncino azzurro si staccò da me, diventando sempre più piccolo e più lontano, volando in cielo.

Ricordo che quel giorno piansi a dirotto e ancora oggi, l'immagine di quel palloncino azzurro che volava sopra la mia testa per non tornare più, è viva nella mia memoria.

Da allora, mi sono sorpresa a paragonare quel palloncino ad ogni persona che, in un modo o nell'altro, è entrata a far parte della mia vita.

Rifletteteci un attimo e guardate al mondo come si guarda il cielo sopra di noi.

C'è chi sta lavorando, c'è chi sta cucinando, c'è chi sta attraversando la strada o accompagnando il proprio figlio a scuola, c'è chi sta dormendo o mangiando qualcosa, c'è chi scrive e c'è chi legge, c'è chi sta ascoltando una lezione o c'è chi la sta facendo, c'è chi sta litigando con qualcuno o c'è chi si tiene tutto dentro pur di non farlo, c'è chi sta guardando dalla finestra e c'è chi vuole tenerle chiuse per sempre, c'è chi sta in un carcere a scontare chissà quale pena e c'è chi è libero anche se ha ucciso una ragazzina.

C'è chi sta di fronte ad un computer in attesa che il tempo passi e c'è chi sta scrivendo una lettera che non spedirà mai, c'è chi stacca un biglietto di sola andata e chi vorrebbe ritornare a casa, c'è chi sta dando un bacio e c'è chi sta comprando una rosa rossa.

C' è chi si è riempito la vita di tutto dimenticandosi di chi c'era prima della fama, c'è chi delude ogni giorno di più e chi ti riempie di attenzioni.

C'è chi ti sorride anche se non ti conosce e chi ha dimenticato persino il tuo nome, c'è chi promette e chi non ha tempo per prendersi cura di te, c'è chi ti tesse le lodi più preziose e poi ti ignora quando esprimi le tue paure, c'è chi ascolta anche quando è stanco e chi non smette di parlare mai quando ad essere stanco sei tu.

C'è chi entra nella tua vita per andarsene e c'è invece chi entra per restare.

Ogni persona è come un palloncino con un filo sottile legato al polso.

C'è chi vive restando e c'è chi vive andandosene.

Quel filo è il sentimento che ci lega a loro.

Non importa quanto forte lo teniamo o quanti giri ci facciamo intorno al polso.

Se vuole volare via lo farà, come quel palloncino azzurro in un giorno d'estate al mare.

Non è solo la morte o l'assenza a far volare via le persone.

C'è un qualcosa di più sottile e più pericoloso che le lascia andare ancora prima che tu te ne accorga.

Ed è come se al rallentatore vedessi su uno schermo il sottile filo che lentamente si slaccia dal tuo polso: lì, in quegli istanti, ti rendi conto di quanta leggerezza c'era in quella stretta.

Ma nonostante questo, tutte le persone che entrano nella nostra vita sono un dono e un messaggio: lasciano sempre un po' di loro e prendono sempre un po' di noi.

Sono un segno dell'amore di Dio, perché proprio in quel momento avevamo bisogno di loro, per scoprire tutte quelle piccole grandi cose che ci fanno meritare il nostro posto nel mondo, anche quando proprio quelle persone, un giorno, se ne vanno via come quel palloncino azzurro.

Ma ci sono state, anche se per brevissimo tempo, insegnandoci qualcosa che ci porteremo dentro per il resto della nostra vita.

E sapete perché anche se volano via, restano?

Perché noi abbiamo l'amore dalla nostra parte, quell'amore che disegna il volto di quelle stesse persone nel cuore, così come i ricordi hanno disegnato la forma ed il colore di quel palloncino azzurro nella memoria.

L'amore ha la stessa forza dei ricordi.

Può essere più o meno prepotente, ma esiste.

Ed è dalla nostra parte.

"Il ricordo è un modo di incontrarsi", scriveva Kahlil Gibran.

Anche l'amore: per chi arriva, per chi se ne va.

E per chi resta.

giovedì 31 marzo 2011

Festa del Libro a Roma


Nuova edizione all'Auditorium Parco della Musica di Roma, della rassegna "Libri Come 2011", il festival dedicato al libro.

Oltre agli incontri e alle presentazioni di libri e autori, quest'anno la rassegna proporrà anche mostre, laboratori e seminari.

Si svolgerà dall'uno al dieci di Aprile presso l'Auditorium Parco della Musica.

Ospiti del festival saranno: Jonathan Franzen, che presenterà il suo romanzo "Libertà" a dieci anni dall'uscita da "Le correzioni"; Nicole Krauss; lo scrittore dl romanzo poliziesco Elmore Leonard; il saggista Tahar Ben Jelloun.

E poi ancora il grande e sensibile David Grossman, l'immancabile Claudio Magris, il protagonista dell'apertura e della chiusura del festival Umberto Eco, Andrea Camilleri, il meraviglioso Alessandro Baricco, i re del noir Carlo Lucarelli e Giancarlo De Cataldo, i geni del sentimento Andrea De Carlo e Chiara Gamberale.

Ci saranno anche i grandi nomi di Antonio Tabucchi, Roberto Calasso, Alessandro Piperno e Sandro Veronesi.

Largo spazio ai giovani esordienti come Viola Di Grado, Barbara Di Gregorio, Donatella Di Pietrantonio, Lorenza Ghinelli, Antonella Lattanzi, Veronica Tommasini, per una tavola rotonda con Maurizio Bono dal titolo: come ho scritto il primo libro.

Per scaricare il programma completo e saperne di più visitate il sito http://poesia.blog.rainews24.it/2011/03/11/programma-festa-del-libro-e-della-lettura-2011/

E' un'occasione da non perdere, salirei sul primo treno per andarci, soprattutto per vedere ed ascoltare il grande David Grossman...ma non si può.

Se decidete di fare un saltino, chiedetegli da parte mia come gli è nata e cresciuta l'idea del coltello nel suo meraviglioso romanzo...e perdete una tonsilla per gridargli che è un genio!

E già che ci siete...godetevi anche Roma, ne vale sempre la pena!


"Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere"

Daniel Pennac

domenica 27 marzo 2011

Pensierino della sera...

"A cosa mi è servito correre per tutto il mondo, trascinare, di città in città, un amore che pesava più di mille valigie.

A cosa mi è servito respingere mille uomini che fecero di tutto perché mi fermassi mille volte pettinando le pieghe del mio vestito stanco di viaggi?

Era solo dietro di te che correvo il mondo.

Il tuo volto nei miei occhi durante tutto il viaggio.

Ma tu partivi sempre la sera prima del mio arrivo."



Maria Do Rosario Pedreira

giovedì 17 marzo 2011

Puoi farlo...

C'era l'odore della terra dopo la pioggia.
Quell'odore che non dimentichi, perché ce l'hai sempre dentro quando la pioggia non ti basta mai.
C'era tanta gente schiacciata in un unico bolo, sparpagliata davanti all'entrata o attaccata l'una dietro l'altra in una fila inimmaginabile.
Eppure, nessuno voleva andarsene via. Nemmeno io.
Volevo vederlo ed ascoltarlo, per capire se quell'effetto boomerang che mi colpiva ogni volta che leggevo le sue parole e ogni volta che gli prestavo attenzione attraverso la scatola magica, esisteva davvero.
Fuori c'era un maxi schermo, per dare la possibilità a chi, come me, non è riuscito ad entrare.
Ma ero felice di essere lì, nonostante tutto.
Cominciò a parlare, e capii, che quell'effetto boomerang non era soltanto un'illusione.
Seduto su uno sgabello, con la camicia rossa e la giacca nera, parlava... entrandoti dentro.
"Una libreria protegge le parole. E le parole non muoiono mai. Per questo volevo ritornare a parlare con voi in una libreria."
La mia amica fece una smorfia e anche la maggior parte della gente, desiderosa di entrare in quel piccolo posto dove però, non c'era più spazio per nessuno.
Tranne che per i sogni, di cui lui stesso parlava.
I sogni degli uomini, di cui ognuno è responsabile.
Essere responsabili significa non abbassare la testa perché "tanto è tutto uno schifo", significa non dire "tanto ci pensano gli altri, io che c'entro?", significa fare bene il proprio lavoro anche se gli altri non lo fanno, significa credere di fare parte di un mondo che possiamo vivere senza esserne succubi, significa avere paura...sì, tanta paura, significa dirsi ogni giorno "ma chi me la fa fare?" eppure continuare a lottare, significa non abusare della parola amore perché è troppo preziosa per svenderla in ogni dove, significa credere in qualcosa o in qualcuno, perché "cresce solo chi è sognato".
Significa essere parte dell'uomo, non solo essere uomo.
Nessuno voleva smettere di battere le mani, perché quel tocco non era soltanto un elogio o una sviolinata.
Ma un ringraziamento.
Non solo per tutte quelle parole che salvano la vita, ma soprattutto per tutta la vita che ogni giorno regala sulla sua pelle.
Tornando a casa mi sono chiesta come ci si possa sentire ad avere tanta gente che spera e crede in tutto ciò che fai.
Ma soprattutto, come ci si possa sentire ad avere una vita così libera nell'anima e nella testa, ma così imprigionata nel corpo perché le pecorelle si trasformano in lupi.
La risposta l'ho trovata nell'ultima frase che ha pronunciato, tra gli applausi e le urla, presa a prestito da un americano di cui tutti conoscono il nome.
Se puoi sognarlo, puoi farlo.
E tu lo stai facendo.
Grazie...Roberto.

lunedì 14 marzo 2011

Un anno da tirocinante: appunti di viaggio



"...in nome del potere che il rettore mi ha conferito la dichiaro dottoressa in Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione."
Era una giornata di sole di un novembre oscuro di circa un anno e mezzo fa.
E' cominciato tutto da lì, da quello che sembrava essere solo e soltanto un punto di arrivo, quando, con la maturità in tasca (e in testa), a diciannove anni arrivai in questa città nuova e sconosciuta, e nelle orecchie mi risuonava una canzone che diceva tutto di quella che ero: "nato ai bordi di periferia dove i tram non vanno avanti mai, dove l'aria è popolare, è più facile sperare che guardare in faccia la realtà."
E invece, poi, in quella realtà ci ho sprofondato lo sguardo, perché volevo averla tutta, pezzo dopo pezzo.
Solo così potevo arrivare a quel "...la dichiaro dottoressa in Psicologia" che intonava in una sola voce non solo la mia vittoria, ma quella dei miei genitori e dei loro sacrifici e quella dei miei amici e dei loro entusiasmi.
E da quel giorno tutto cominciò.
Ciò che dai libri avevo imparato, dovevo saperlo dimostrare e spenderlo nei posti che mi erano stati assegnati e che io avevo scelto.
Trecentosessantacinque giorni non sono pochi da passare e tutto quello che è rimasto, in ogni sera, è custodito in quel meccanismo favoloso che tutti chiamano memoria, e che continuerà, in ogni mio giorno, a bussare alla mia vita ricordandomi quella che sono stata.
La mia prima volta in camice bianco, in una clinica psichiatrica.
Il mio primo sguardo ai pazienti e la paura di non riuscire a reggerlo.
Nelle tasche il biglietto con una frase di un amico "la paura è il latrato del demonio, Fin è pace", che ho stretto tra le dita tutte le volte in cui ne ho avuto bisogno: durante il primo colloquio con la mia prima paziente, il mio primo test somministrato, le mie prime risposte al primario, la stesura delle mie prima dimissioni sul diario clinico.
Ma in quel posto mi sono sentita subito a casa, anche quando vivevo la disperazione negli occhi dei pazienti, portandomela dentro come se fosse mia.
Nei miei ricordi di quegli indelebili sei mesi vive l'amicizia delle mie colleghe, di cui una è diventata una splendida mamma e un'altra sta costruendo un futuro fatto su misura per lei, la simpatia e la professionalità di tutti gli altri che non smetterò mai di ringraziare, i miei errori nel voler riempire i silenzi e l'aver imparato a contenerli, la sveglia alle 6:00 tutte le mattine, i tre autobus per arrivare a destinazione tra ritardi e coincidenze, il mio primo agosto a Firenze, il "suo" sorriso, le "sue" dormite, la "sua" rassegnazione, la "sua" eccentricità, il "suo" grazie dottoressa, il "suo" desiderio di parlare, la "sua" voglia di rimanere, la "sua" mano stretta alla mia, la "sua" morte, le mie lacrime nel lasciare tutto con una fetta di torta in sala medici e un abbraccio diviso per tre al sapore di una pizza stemperata di promesse.
Ecco perché lì mi sono sentita subito a casa: perché casa vuol dire tutto, anche nelle sue mancanze.
E lì ho trovato tutto, tutto quello che mi è servito per crescere.
Ma sul regolamento c'era scritto "un anno post-lauream".
E mancavano ancora altri sei mesi.
In un altro posto. Con altri colleghi e superiori. Dentro altre vite.
Un viaggio tortuoso, in cui la voglia di rinunciare è stata quasi sempre la regina alla quale volevo sottomettermi.
Ma la mia vita mi ha insegnato a non mollare e quel biglietto sporco di inchiostro, dalle tasche del camice passò ad annusare cataste di fascicoli di bambini e ragazzi che faticano a trovare il proprio posto nel mondo.
Il mio ricordo di questi ultimi sei mesi comincia nel bel mezzo di un'istruttoria con la voce del mio superiore che alla mamma che ci stava di fronte disse "ora la mia collega le farà qualche domanda" in cui compresi, dopo essermi voltata da ogni parte ed essermi accorta che non c'era nessuno, di essere proprio io "la collega che doveva fare qualche domanda."
Da quel giorno in poi ho respirato l'odore dell'errore e a volte dell'umiliazione, in cui ho capito che "nella vita nessuno mai ti da di più."
Sentirsi sbagliata ogni giorno t'insegna ad accettarti, anche se gli altri non lo fanno.
Neanche da lì sono uscita così come sono entrata, ma non ho versato neanche una lacrima, anche se i ricordi ci sono.
E restano.
Come quel caffè che non volevo prendere, quegli sguardi mai compresi, quel sorriso che non volevo fare, quelle sbarre del carcere e il tintinnio delle chiavi, quei fascicoli polverosi, quell'arroganza in giacca e camicia, quella promessa e quella matrioska russa.
Un anno fa esatto, diventavo una tirocinante psicologa.
Oggi ho smesso di esserlo, preparandomi a diventare una psicologa e basta.
E allora grazie...
Al camice bianco, ai miei colleghi e a tutti i miei pazienti, alla sveglia alle 6:00, al traffico, al caldo d'agosto, ai silenzi che ho imparato a contenere, alla paura, alla stanchezza, alle umiliazioni, al caffè che non volevo prendere, al sorriso che non volevo fare, alla matrioska russa e alla vita disumana che ho fatto in questi ultimi due mesi.
Ma soprattutto, ai sentimenti e alle emozioni, senza i quali nessuno potrebbe fare questo lavoro.
E qualcuno che ho conosciuto, forse, l'ha dimenticato.





"Di fronte alla sofferenza del mondo puoi fare un passo indietro, hai il permesso di farlo e si accorda con la tua natura. Ma forse proprio questo passo indietro era l'unica sofferenza che avresti potuto evitare"

Franz Kafka





Oggi è un nuovo inizio.
Non so cosa ci sarà domani, né dove sarò.
Ma so che è questa la storia che voglio raccontare, senza fare un passo indietro.
L'ho sempre saputo.
Grazie a chi lo sa già.

martedì 8 marzo 2011

Dieci cose per cui vale la pena vivere secondo Allegra

1) Sedersi sulla riva del mare e guardarlo arrabbiarsi con se stesso.

2)Guardare negli occhi un bambino.

3)La mozzarella, la cioccolata, le fragole.

4)Chiacchierare con le amiche fino a tarda notte in pigiama e non accorgersi del tempo che passa.

5)Scrivere (in segreti modi) e leggere libri, soprattutto narrativa italiana e straniera.

6)Pronunciare la parola "mamma" e sapere che c'è qualcuno che risponde.

7)Sentirsi chiamare "amore", soprattutto dopo una lunga giornata faticosa.

8)Affacciarsi dalla terrazza del Pincio e guardare tutta Roma in una giornata di sole. E affacciarsi dalla terrazza del Piazzale Michelangelo e guardare Firenze in una notte stellata.

9)Fare bene il proprio lavoro come fosse una missione.

10)Dio. E l'amore. O viceversa. Fate voi.

Provate a farlo anche voi...è un buon esercizio per conoscersi meglio.

domenica 6 marzo 2011

Pensierino della sera...


"Ho coltivato nel mio spirito un giardino di rose e poi l'ho nascosto dentro una scorza dura.
Fuori ho messo un cartello con scritto: vietato l'ingresso ai cattivi."


Giovanni Allevi


mercoledì 2 marzo 2011

Portami fortuna...

Un nome. Un aggettivo. Un verbo. Un articolo. Un pronome, una virgola, puntini sospensivi, una sensazione, un'emozione, un altro aggettivo, ancora un verbo e un altro ancora.
Poi un punto.

Il foglio rimane a metà, consumato dall'esigenza di non finire.
Le parole rimangono, ma non scorrono.
Si fermano all'altezza dell'inchiostro, come se un nodo le impedisse di andare oltre.
E completare quel foglio.
Stanno ferme nel palmo della mano e da lì risalgono alla testa e al cuore per ridiventare un pensiero.
Solitario e capriccioso, come un soffio di vento in una giornata di sole.

E tu ti arrabbi. Mi sgridi e mi vieni in sogno se non riesco a fare quello che vuoi.
Ma il foglio è rimasto a metà, lo vedi?
Le parole non s'inventano, vanno solo cercate e ricercate, come si fa con la vite di un orecchino perso per strada.
Non mi basta una qualunque, voglio solo quella che combacia perfettamente con ciò che mi è stato regalato.
Se non la trovo l'ho perduta.
Succede. Succede di perdere qualcosa, di perdere e di perdersi.
Tu sai bene che la vita è fatta anche di questo.
Il mio tempo non sta nel tuo tempo che sa di eternità.
Il foglio è a metà.
E tu non parli più.

Ci sono lettere che restano nascoste al buio di un cassetto perché le parole si scrutano a vicenda senza scegliersi, come fanno le persone.
E tu non parli più.

Voglio un altro nome, un altro aggettivo, un altro verbo, un altro articolo, un altro pronome.
Un'altra emozione e un'altra ancora.
Ma non voglio neanche un punto.

Hai guidato la mia mano afferrandola, una volta e un'altra volta ancora, e mi chiedo se seguirti non sia stata una follia.
Ho amato il mio sogno come si ama un sogno: in lungo e in largo, dentro e fuori, sfiorandone i contorni e strappandone l'involucro.
E tu l'hai amato insieme a me, gli hai dato una direzione perché io non possa perderlo.

Aiutami ad aspettare e a mantenerlo vivo, come si fa con la fiamma di una candela appena accesa.
Ho bisogno di te, soprattutto quando gli altri non comprendono.

Rispondimi.
E portami fortuna.

mercoledì 16 febbraio 2011

Chiamami ancora...

"E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare.
Per il poeta che non può cantare
per l'operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent'anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero.
Per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore.
Chiamami ancora amore,
chiamami sempre amore
che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole.
Chiamami ancora amore
in questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo.
Chiamami ancora amore
chiamami ancora amore
chiamami sempre amore.
Perché le idee sono come farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre
che credevano di aver perso
e sono come il sorriso di Dio
in questo sputo di universo.
Continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo.
Chiamami ancora amore
perché noi siamo amore."
Roberto Vecchioni

A volte la rabbia per un'Italia che non è come noi la vorremmo o per un mondo che non è come noi lo vorremmo, non basta.
Ci vuole molto di più.
Questa è una delle più belle canzoni mai scritte, per testo e musica.
Credo che rappresenti al meglio tutto quello che noi vorremmo e tutto quello di cui abbiamo veramente bisogno.
"Difendere questa umanità, anche restasse un solo uomo."
La terra bruciata della nostra realtà è fatta d'altro: un paese che muore giorno dopo giorno, valori che vengono presi a sassate giorno dopo giorno, giovani che studiano e che si ritrovano a mendicare un lavoro giorno dopo giorno, ragazzine che scompaiono giorno dopo giorno, bambini che vengono usati per rimediare agli sbagli degli adulti giorno dopo giorno, gente che parla di tutto in televisione senza sapere di cosa stia parlando. Giorno dopo giorno.
Sapete cosa c'è?
Vorrei che domani, nel momento in cui sto per entrare al Tribunale per i Minorenni, mi dicessero che non ce n'è più bisogno, perché i genitori hanno smesso di farsi la guerra e i bambini e i ragazzi vengono educati nell'amore e con l'amore.
Vorrei che domani, quando si parla di Anoressia e di tutti i DCA, la gente sapesse bene di cosa si stia parlando, senza riempirsi la bocca di buonismo o di pregiudizi, soprattutto se ha un microfono in mano e sta parlando davanti a milioni di persone.
Vorrei che domani i veri problemi venissero affrontati, senza assistere a litigate su comode poltrone rosse, mentre là fuori c'è un'Italia che muore.
Vorrei che domani i giovani come me avessero un presente da costruire senza indebitarsi l'anima per pagarsi la propria formazione professionale.
Vorrei che domani l'Italia non fosse una repubblica democratica fondata sulle raccomandazioni, da quelle lievi a quelle più conclamate.
Oggi se non sei amico di questo e quest'altro (ma un amico come si deve!) devi tornare a casa la sera stanca morta mentre ti chiedi che ne sarà di te.
E nel frattempo il tuo sogno è lì che aspetta di essere messo sulla giusta strada.
Ma ancora non è il momento.
Vorrei che oggi ci fosse un presente degno di essere vissuto..."in questo sputo di universo."
E forse c'è, per chi spera e costruisce...come me.
Perché siamo"il sorriso di Dio"...e "siamo amore."


"Chiamami ancora amore...chiamami sempre amore"...sì, vorrei anche questo.

giovedì 10 febbraio 2011

Pensierino della sera...


"A che scopo esisterei, se fossi tutta contenuta in me stessa?
Se tutto il resto morisse e lui restasse, io continuerei ad essere; e, se tutto il resto persistesse e lui venisse annientato, l'universo mi diverrebbe estraneo; non mi sembrerebbe di esserne parte.
Il mio amore per Linton è come il fogliame dei boschi: il tempo lo trasformerà, ne sono sicura, come l'inverno trasforma le piante.
Ma il mio amore per Heathcliff somiglia alle rocce nascoste ed immutabili: fonti di poca gioia visibile, ma necessarie.
Io sono lui, lui è sempre, sempre nella mia mente, non come un piacere, così come io non sono sempre un piacere per me, ma come il mio stesso essere."


Emily Bronte, Cime tempestose

lunedì 7 febbraio 2011

La vita al di là delle apparenze


Cinque, sei, sette, otto.
Cominciava sempre così un esercizio.
Contando, come se quel tempo confezionato in musica, chiedesse di essere addomesticato.
Non faceva differenza uno strillo dell'insegnante o un dettato nella tua mente.
Dovevi contare, altrimenti perdevi il tempo e la musicalità...e tutto riusciva sconnesso.
O meglio, non riusciva.
E così ricominciavi, anche se avevi male dappertutto.

Perché il bastone in legno della tua insegnante batteva sul parquet dell'aula in quel "cinque, sei, sette, otto" che significava ricominciare daccapo.
Quel rumore di due legni dalla forma e dal colore diversi ma così vicini nel chiederti di continuare, ritmavano la tua forza e la tua resistenza, soprattutto quando un ginocchio non era teso o il collo del piede non era inarcato alla perfezione sulle punte.


Ricordo come se fosse ieri il leggero tocco del bastone sul mio ginocchio che, volente o nolente, doveva tendersi.
E soprattutto, il rumore di quel legno scricchiolante, testimone di ore ed ore di duro lavoro.

Capita spesso di fare i conti con noi stessi, soprattutto in quei momenti in cui ci guardiamo allo specchio e non ci bastiamo più, e su di noi percepiamo il peso dei giudizi o delle opinioni che gli altri si fanno o si sono fatti sul nostro conto.

Sono quasi dieci anni che ho smesso di ballare, ma quella disciplina rigida che ha accompagnato il mio corpo in tutti quegli anni della mia crescita, è entrata a far parte di me.
La danza classica è come una religione.
E' regola, sacrificio, rigidità, disciplina.
Una disciplina che, se ti accompagna per dodici anni, è inevitabile che ti entri dentro e ti accompagni per il resto della tua vita, facendoti diventare inflessibile anche con te stessa nel tuo quotidiano.

Provate a guardare una ballerina, quando, con il suo tutù e le sue scarpette, balla in un teatro davanti ad un pubblico.
Sorride.
Non si vede il dolore, non si vede il sacrificio, non si vede la regola, non si vede l'inflessibilità.

Ma prima di salire sul palco, quella ballerina è alla sua sbarra nelle aule di una scuola di danza, con nelle orecchie l'eco del rumore del bastone della sua insegnante che ritma il "cinque, sei, sette, otto" di un nuovo inizio.
Lì si vede la disciplina che solo pochi percepiscono.
E comprendono.

Sul palco della vita, accade più o meno la stessa cosa.
Se una persona si mostra in un determinato modo, tutti la guardano così come appare.
Come quando guardi una ballerina su un palco, che danza e sorride.
E pensi di aver scoperto l'essenza.

Se poi fai lo sforzo di uscire da quel teatro e di ritrovarti in una scuola di danza, fatta di aule enormi con altrettanti enormi specchi che tutto rivelano e tutto tradiscono, percepisci cosa sia la vera essenza, anche se la ballerina è la stessa.
Ci vuole un sforzo immane per volteggiare sulle punte, lo stesso sforzo, forse, che si ha nell'affrontare la vera essenza delle persone.
Fermarsi all'apparenza significa vedere.
Attraversare quell'apparenza e cogliere il profondo, significa guardare.
Non solo negli occhi, ma nell'anima di una persona.

Non tutti sono così come appaiono: hanno bisogno soltanto di essere scoperti a poco a poco.
Perché la vita non è fatta solo di lustrini e di luci accese su un palcoscenico, ma soprattutto di un tempo che chiede di essere vissuto e che solo a pochi è concesso di vivere.
A chi ha il coraggio di sbirciare in quelle sale enormi con enormi specchi e di guardare cosa c'è dentro.

Anche se questo significa aspettare un "cinque, sei, sette, otto", prima di ricominciare.






mercoledì 2 febbraio 2011

Le risposte che contano

Domenica sera.
Chiudo la porta della mia casina e accendo la luce.
Butto la borsa sulla sedia e mi levo il giubbotto.
Poi sospiro, chiedendomi: ce la farò a fare tutto?

Lunedì sera, in treno.
La carrozza è quasi vuota.
Di fronte a me una signora sulla cinquantina.
Io studio.
Sulla copertina del mio libro c'è scritto: preparazione all'esame di stato per la professione di psicologo.
Sento addosso lo sguardo della signora e alzo gli occhi.
"Ma chi te la fa fare?" - mi chiede.
Sto per rispondere, ma non mi vengono le parole.

E il treno sta per arrivare a Firenze.

Martedì mattina.
"Pulzella, fra un po' te ne vai ma preparati che il futuro sarà duro!"
Grazie. Grazie davvero per l'incoraggiamento.
Ma temo di aver capito che la tua sensibilità si mangia e basta.

Mercoledì mattina. Cioè stamattina.
Una ragazza quattordicenne in lacrime. Non la smette più.
Guarda lui. Poi guarda lei.
Infine guarda me e mi dice: "la settimana scorsa mi hai detto che potevo stare tranquilla, hai visto invece?"
Apro e chiudo la mia penna.
"Anche tu la pensi come loro?" - continua.
Cerco di dirle qualcosa per rassicurarla.
"Anche tu! Anche tu sei come tutti gli altri, come tutti loro, anzi sei peggio, mi avevi promesso che andava tutto bene! Cattiva!"
Mi sento morire.
E vorrei piangere insieme a lei, andarle vicino, dirle che è per il suo bene.
Ma devo stare al mio posto.

Torno a casa e sospiro guardando alla finestra.
Ricordo un momento della mia adolescenza, quando non volevo tagliarmi i capelli.
Eppure ne avevano bisogno.
Erano troppo lunghi e pieni di doppie punte.
Dovevo tagliarli.
Mi avevano promesso che dopo sarebbero diventati più belli. E più forti, anche.
Ma io non ci credevo.
E in quel momento, quando la parrucchiera si mise a sforbiciare tutte le mie ciocche, la odiai con tutta me stessa.
Odiai lei, le forbici, i miei capelli, tutta la mia vita. In quel momento.
Ma poi...con il tempo, mi accorsi che quel taglio era davvero necessario.
I miei capelli diventarono più belli e più folti. E ridivennero di nuovo lunghi.
Senza quel taglio sarebbero rimasti brutti e sciupati, come tutto ciò che non si rinnova.
A volte abbiamo bisogno di tagliare qualcosa nella nostra vita, per poi, dopo un po' di tempo, vederla diventare più bella e più forte, come i capelli dopo un nuovo taglio, anche se quel momento ci sembra il più terribile da vivere.


Non sono cattiva. Loro, soprattutto, non lo sono.
Un giorno lo capirai.

"Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi,
se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido,
non avrò vissuto invano."
Emily Dickinson

Sorrido.
Signora, forse ora sono capace di darti una risposta.

sabato 29 gennaio 2011

Come aprire gli occhi...

L'amore si lascia raccontare.
Assomiglia ad uno strappo quando stiamo sfiorando la vita degli altri con la punta delle dita.
E quando mi parlerà ricorderò stelle che io non ho visto.
Si fa verso in una poesia.
Silenzio nella distanza.
Nota in una musica.
Ricordo nel passato.
Parola in una lettera.
Tutti raccontano l'amore.
Con l'amore e dentro l'amore.
Cercando la stella che non si vede.
C'è chi lo trova e lo racconta.
C'è chi non lo trova e lo racconta.
C'è chi lo vive e lo racconta.
C'è chi lo nega e lo racconta.
In ogni tempo e in ogni luogo l'uomo ha sempre raccontato l'amore.
E' rimasto una costante nei continui cambiamenti della storia.
Ed è una costante nei continui cambiamenti della vita.
Là dove il mio pensiero tante volte andò a sorprendere il tuo sonno.
Ogni giorno cerchiamo l'amore.
E' come chiudere la porta di casa alle nostre spalle dopo una lunga giornata e sapere che c'è qualcuno che accende la luce per noi.
Qualcuno che ci racconti l'amore.
Una parola, una carezza, un bacio, un sorriso, uno sguardo.
Al di là di te, ti cerco.
Ti ho cercato.
Perché l'amore si lascia sempre raccontare.
Il segreto sta nell'avere il coraggio di farlo, senza aver paura di perdersi in quel bivio.
Proprio quel bivio che sta tra passato e presente.
Ti abbraccio per l'ultima volta, che è come aprire gli occhi.
Punto.
E a capo.
"Anna: Hai paura?
Smilzo: Sì
Anna: Di me?
Smilzo: Sì, e nessun coraggio sarà bello come questa paura."
Il giorno prima della felicità, Erri De Luca

martedì 25 gennaio 2011

Trovarsi...


La stazione è la vita in miniatura.
Vuoi o non vuoi, la vivi, per giungere alla tua meta.
Il tempo è condiviso da tutti quelli che aspettano il tuo stesso treno, da quelli che prendono un'altra direzione e da quelli che restano fermi ad attendere chi scende da una carrozza.
Ogni sguardo emana attesa, fretta, stanchezza, nostalgia, desiderio, fatica, speranza, gioia.
Di chi parte e di chi arriva.
E anche di chi resta.
Il biglietto ha sempre un prezzo. Come nella vita.
Anche se è di sola andata.
Così ti ritrovi a sperare con una ragazza che sta per affrontare un colloquio di lavoro.
Direzione: speranza.
Ti scopri divertita da due nonni che si chiedono come mai la loro nipotina di quindici anni abbia marinato la scuola.
Direzione: crescita.
Poi sorridi con una mamma che non riesce a far addormentare il suo bambino.
Direzione: serenità.
Ti chiedi come mai quel ragazzo abbia il volto così scuro da non alzare mai gli occhi.
Direzione: tristezza.
Vorresti conoscere il contenuto degli appunti di un uomo in carriera, chiedendoti come andrà la sua giornata di lavoro.
Direzione: curiosità.
Ascolti una conversazione telefonica e ti domandi di cosa, quella ragazza biondissima che sfoglia Vanity Fair, debba parlare con Enrico quella sera stessa.
Direzione: quotidianità.
E poi...poi ti chiudi nella tua solitudine, tentando di studiare perchè il tempo è prezioso, ma soprattutto, aspettando che il treno giunga a destinazione per iniziare la tua nuova avventura.
Dal finestrino riesci a scorgere pezzi di città che conosci e non conosci.
Quelle che non conosci ti proiettano sul futuro: magari un giorno le visiterai.
Quelle che conosci ti buttano addosso il passato: tutti quei ricordi scritti sulle mura di una città che continua a vivere anche se più non ti appartiene.
Anche di questo è fatta la vita.
Infine arrivi.
E rivedi gente che riparte e ritorna, in un tempo che diventa eternità perché si fa viaggiatore instancabile.
La vita non si ferma mai.
Per ogni anziano che muore c'è un bambino che nasce.
Per ogni amore che finisce ce n'è uno che inizia e che chiede di vivere.
Per ogni vita che dispera ce n'è una che spera.
Perché per ogni treno che arriva ce n'è uno che riparte.
Non importa su quale binario e non importa verso quale direzione.
Il pensiero che ti afferra mentre le rotaie stridono e le porte si aprono combacia con il titolo di una bellissima commedia di Pirandello: trovarsi.
Con chi ti aspetta, con quello che ti aspetta, con chi ti aspettava e ora non lo fa più, con quello che ti aspetti dalla vita e da te stessa.
Non importa dove e non importa quando.
Importa trovarsi.
Perché la vita non si scrive mai da soli.
Oggi lo sai più di ieri.




venerdì 14 gennaio 2011

Il cibo della mente


Ci sono blog che sono speciali, per il semplice fatto che sono gestiti da persone speciali.
Chi ama i libri e li sa raccontare sfogliando l'anima di quel bianco e nero, è una persona speciale.
Come Lily del blog "Lo scrigno di Calliope" http://www.loscrignodicalliope.blogspot.com/.


Sono stata da lei invitata a rispondere alle domande di questo questionario e lo faccio con piacere.
Quindi, fatevi un po' i fatti miei (di letteratura, s'intende!)


1)Quanti libri hai letto nel 2010? 32.

2)Quanti scrittori e quante scrittrici? 18 scrittori e 14 scrittrici.

3)Il miglior libro letto nel 2010? "Scritto col mio sangue" di Irene Vilar.

4)Il più brutto? "Tutta mio padre" di Rosa Matteucci.

5)Il libro più vecchio che hai letto nel 2010? "L'interpretazione della morte" di Jed Rubenfeld.

6)E il più recente? "La psichiatra" di Wulf Dorn.

7)Quale libro con il titolo più lungo? "Le luci nelle case degli altri" di Chiara Gamberale.

8)E quello con il titolo più corto? "Acciaio" di Silvia Avallone.

9)Quanti libri hai riletto? "Jane Eyre" di Charlotte Bronte e "Briciole" di Alessandra Arachi.

10)Quali vorresti rileggere? "Cime tempestose" di Emily Bronte.

11)I libri più letti dello stesso autore quest'anno? Quelli di David Grossman.

12)Quanti di questi libri sono stati presi in biblioteca? Nessuno.

13)Quanti libri scritti da autori italiani? 13.
14)Quanti di questi libri erano e-book? Nessuno (per cortesia. Lunga vita ai libri...quelli veri!).


Allegra è alle prese con un po' troppe cose in questo periodo, però non vi abbandona. Sarà solo un po' più latitante. Ma c'è.
Rispondete anche voi a queste domande, e magari fatemi sapere qual è stato il libro più bello che avete letto nel 2010 e qual è stato, invece, quello più brutto.



sabato 8 gennaio 2011

Come quando...


Come quando scopri che non sei più una bambina.
Ti guardi allo specchio e non ti trovi.
Ti guardi dentro e non ti trovi.
Ti guardi negli altri e non ti trovi.
La maglietta è troppo corta.
I pensieri troppo entranti.
Il mondo troppo grande.
Come quando fuori piove.
Guardi fuori e non c'è niente che non sia bagnato.
Guardi dentro e non c'è nessuno che voglia uscire.
Guardi gli altri e non c'è nessuno che non voglia aprirsi un ombrello.
Come quando qualcuno ti delude.
Lo guardi e ti domandi perché.
Ti guardi e ti domandi perché.
Guardi gli altri e ti domandi perché.
Come quando scopri che non sei più una bambina.
Non è un attimo, già ieri e l'altro ieri ancora quella maglietta era troppo corta...eppure, te ne sei accorta solo ora.
Come quando fuori piove.
Non è un attimo, già prima e già prima ancora c'era stato un lampo e poi un tuono...eppure, te ne sei accorta solo ora.
Come quando qualcuno ti delude.
Non è un attimo, già una volta e già un'altra volta ancora aveva scritto lo stesso finale...eppure, te ne sei accorta solo ora.
Ma "non finisce mica il cielo"...come quando fuori piove e non sei più una bambina.
Anche se qualcuno ti delude.

martedì 4 gennaio 2011

Pensierino della sera...


"Dai parole al dolore.

Il dolore che non parla sussurra al cuore oppresso,

e gli ordina di spezzarsi."


William Shakespeare

sabato 1 gennaio 2011

Così vai via...


E così, in punta di piedi, se n'è andato anche questo anno.
Se n'è andato come un gentiluomo che entra per la prima volta in una casa sconusciuta e che, al momento del saluto, lascia un omaggio portandosi addosso l'odore di quella dimora.
Con il cilindro in testa e un inchino inaspettato.
Se n'è andato con le sue domande senza risposta, con i suoi amori disperati e con quelli appena nati, con i traguardi raggiunti e quelli mai sognati, con le sue rincorse e i suoi momenti di attesa, con le sue allegrie e le sue disperazioni.
Se n'è andato per chi in lui è nato o è morto, per chi ha amato e per chi invece ha rinunciato a farlo, per chi si è ammalato e per chi è guarito, per chi ha sognato e per chi ha dimenticato cosa significhi farlo, per chi ha ucciso e per chi ha dato la vita, per chi ha rubato e per chi ha pagato con la propria vita la libertà degli altri, per chi ha cantato e per chi è rimasto in silenzio, per chi ha sbagliato e per chi ha deciso di non commettere più gli stessi errori, per chi ha ballato e per chi continua a farlo nel cuore senza usare le gambe, per chi ha creduto e per chi ha paura di farlo, per chi ha raccontato la vita e per chi si è rifiutato di ascoltare, per chi ha ascoltato e per chi invece ha solo sentito, per chi ha sopreso e per chi è rimasto sorpreso.
Se n'è andato, socchiudendo la porta, lasciandoci la scia di un profumo che sentiremo addosso per sempre.
"Ci sono cose che volano: gli uccelli, le ore, i calabroni. Ma di quelle non m'importa. E poi ci sono le cose che restano: il dolore, il profilo di un monte, l'eterno" - scriveva Emily Dickinson.
Io aggiungerei la speranza.
Di nascere ogni giorno, di amare ogni giorno, di guarire ogni giorno, di sognare ogni giorno, di crescere ogni giorno, di ringraziare ogni giorno, di dare la vita ogni giorno, di cantare ogni giorno, di dare la libertà ogni giorno, di ballare ogni giorno, di raccontare ogni giorno, di ascoltare ogni giorno, di soprendere ogni giorno.
La speranza che una ragazzina di 15 anni riposi finalmente in pace e che un'altra di 13 possa, felice, essere riportata a casa.
La speranza che se anche la terra trema, l'uomo sia capace di costruire sicure fondamenta e che se è invece il cuore a tremare, sia capace di non vederlo distruggere in macerie.
La speranza di una cultura che non deve morire e di una bellezza che non può scomparire.
La speranza di un viaggio sicuro, che nonostante le tempeste, sappia condurre a destinazione.
La speranza di una realtà che vive e non di un reality che appare.
La speranza di custodire sempre la speranza di poter cambiare.
E allora auguratelo davvero, questo nuovo anno.
Ma che queste due parole non siano pronunciate sillabando un'abitudine, ma credendoci davvero.
Come se il vostro "buon anno" sia un portafortuna per chi lo riceve, un amuleto che non dimenticheranno mai di portare con loro e che, se anche lo facessero, tornerebbero indietro a riprenderselo, come fa una persona che vive da sola con le chiavi di casa.
Perché un augurio vuol dire: io spero il meglio per te. E ci credo davvero.
Abbiamo bisogno di sapere che nel mondo ci sia qualcuno, almeno uno, che creda in noi.
Allora ditelo "buon anno."
Gridatelo, sussuratelo, scrivetelo, digitatelo, disegnatelo, ballatelo, cantatelo, gesticolatelo, regalatelo.
Ma dettatelo con il cuore, affinché possa essere davvero un nuovo inizio.
Da qualsiasi prospettiva voi siate, lo sapete, "non si vede bene che con il cuore."
Ecco perché mi viene voglia di sperare.
Perché si comincia sempre dal cuore.