martedì 28 dicembre 2010

La vita che non si perde


L'eternità non ci appartiene.
Siamo solo capaci di trasformarla in tempo.
Tempo per il tempo, tempo per gli altri, tempo per fare o pensare infinite cose, tempo per sfogliare giornate come fossero pagine bianche e volerle riempire, tempo per sentire l'odore di quello stesso bianco e vederlo colorarsi di un sorriso.
Tempo per capire o fare i conti con noi stessi guardando alla vita come quadro di un tempo prezioso da vivere...senza perdere tempo.

Trentuno ragazze.
Trentuno speranze, trentuno lotte, trentuno disperazioni, trentuno volontà di non mollare, trentuno "basta con questa vita ho chiuso", trentuno scuse da chiedere senza volerlo, trentuno tunnel senza lo sguardo della luce, trentuno luci dopo lunghi tunnel isolati, trentuno rimpianti, trentuno sofferenze, trentuno solitudini, trentuno vuoti, trentuno forze, trentuno "ma io ce la posso fare", trentuno "non sopporto più questa vita", trentuno "ma io la voglio questa vita", trentuno cuori, trentuno grida, trentuno amori, trentuno vite.
Trentuno ragazze. Trentuno anime speciali.
"Will this year be as we whish? No, it will be as we want!" - è il titolo del loro calendario realizzato per l'anno 2011 ormai alle porte.
Ogni pagina corrisponde ad un giorno, come è indicato dal numero in alto. Nella parte inferiore c'è l'elenco dei mesi e ad ogni mese corrisponde un giorno della settimana, che è il giorno in cui cade il numero riportato in alto.
E in ciascuna pagina è fotografato il loro volto accanto ad una frase da loro scelta che racconta in un tocco la loro vita.
Ho sempre pensato alle parole come chiodi che si fissano ad una parete: per quanto possiamo levarle via e nascondere la fenditura che hanno provocato, rimarrà sempre il segno.
Alcune di queste parole arrivano dritte all'anima: perché ogni persona che incontriamo nella nostra vita è un dono e un messaggio e quello che lascia non sarà mai perduto.
Ho appeso questo calendario nella mia stanza, ma soprattutto nel mio cuore.
Perché ho un sogno.
Sogno di vedere sempre quei sorrisi, non solo sulla carta, ma nelle pagine di ogni giorno.
Perché sogno che l'anoressia si sbricioli e diventi polvere da levare via.
Come se qualcuno avesse il coraggio di dirle: non ho tempo per te.

L'eternità ci appartiene.
Perché possiamo trasformarla in tempo da vivere.
Che non sarà mai perduto.
Il 2011 è alle porte: come volete che sia, questo nuovo anno?
Vi auguro di viverlo con l'insegnamento che la forza di queste trentuno ragazze e di tante altre che affrontano questa malattia, ci regalano.
Perciò voglio farvi gli auguri di buon anno insieme a loro, in un modo speciale.
Per me sarà un anno importante, figlio di scelte di vita e di strade da percorrere.
Grazie a chi lo sa già.
Ed è proprio grazie a lei che oggi sono qui a raccontare queste storie, e domani, cercherò di dare un senso alla mia vita spendendola per tutto questo.
E allora buon anno a tutti, con l'augurio che il vostro tempo sia sempre speso come un regalo per la vostra vita.
E buon anno soprattutto a voi, ragazze: grazie per il tempo che avete voluto dedicare...senza perderlo.
Perché l'anoressia e tutti i DCA, si guariscono con la vita che non si perde.
Ricordiamocelo tutti.

venerdì 24 dicembre 2010

Fammi un po' di posto...oggi che è Natale!


Sono appena arrivato, mentre tu ci sei già.
Non importa quanti anni hai, che lingua parli, in quale città ti trovi.
Ti voglio dire una cosa, anzi più di una.
Ho freddo, e so che anche tu hai freddo.
Te lo leggo nel cuore.
Perché una persona cara ti ha lasciato.
Perché devi affrontare una prova importante.
Perché stai attraversando momenti difficili.
Perché non riesci a comunicare con qualcuno.
Perché stai annegando nella solitudine e non sai come uscirne.
Perché hai paura di amare.
Perché vorresti amare e non riesci a farlo.
Perché hai perso qualcosa o qualcuno.
Perché fai fatica ad accettare la verità.
Perché il mondo ti ha deluso o pensi di averlo deluso tu.
Perché ti senti sbagliato in qualsiasi posto ti trovi.
Te lo leggo nel cuore.
Sai che non pensavo facesse così freddo in questo mondo?
Mi avevano detto di stare attento e di coprirmi, ma ho voluto sentirlo sulla pelle della mia anima.
Anche tu hai fatto la stessa cosa, lo vedo.
Sei così coperto he quasi non riesci a vedere i posti in cui potresti ripararti.
Mia mamma mi accarezza la guancia, mio padre mi guarda attento e dietro due animali cercano di scaldarmi.
Guarda lassù...che strana stella illumina il mondo!
E' talmente grande da contenere qualsiasi distanza o mancanza.
Sento già meno freddo, tu?
Dai...fammi un po' di posto, così seguiamo insieme la sua scia e magari ci porterà lontano, dove i nostri sogni si possono avverare.
Vuoi farlo insieme a me?
Te lo leggo nel cuore che ne hai bisogno.
E io ho bisogno che tu mi faccia un po' di posto, giusto un poco.
So che hai paura, ma anch'io ce l'ho, cosa credi?
Ho sempre paura di non riuscire a farti capire che voglio proprio te nella mia vita.
Non è tardi, soprattutto per amare, di qualsiasi amore si tratti.
E allora mi presento: io mi chiamo Amore, anche se tutti mi chiamano Gesù.
Forse è più facile per te riconoscermi se ti dico che mi chiamo Amore.
E soprattutto, se ti dico che puoi trovarmi dappertutto, se mi fai un po' di posto.
Anche nel freddo dell'anima.
Vuoi?
Ti lascio il tempo per pensarci, io sono qui che ti aspetto.
Ho tutta una vita davanti...sono appena nato!


Gesù Bambino


UN ALLEGRO NATALE DA ALLEGRA...

mercoledì 22 dicembre 2010

Pensierino della sera...


"E' Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti.
Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese."


Charles Bukowski

giovedì 16 dicembre 2010

Fai buon viaggio...


Proprio io.
Proprio io che delle parole (scritte) faccio il mio stile di vita, fra lavoro e passione.
Proprio io che non passa giorno senza sporcare una pagina bianca, oggi, forse, non riesco a scrivere quello che vorrei.
Un "mi mancherai" è troppo poco, un "tanto ci sentiremo" troppo banale,
un "ti ricorderò sempre" troppo melodrammatico.
Per questo ho deciso di scrivere come mi viene: di pancia, con le imposte chiuse, i capelli legati e un biscotto al cioccolato.
Di te e per te.
E allora scrivo che mi mancherai, perché la vita è fatta di momenti vissuti, e noi, li abbiamo vissuti proprio tutti.
Dal pianto al riso, dal dolore piccolo e grande alle gioie immense come ieri, dai silenzi condivisi alle chiacchierate fino alle cinque del mattino, dallo shopping rigorosamente sotto la pioggia battente alle giornate passate in casa, dalle litigate (perché ci sono state anche quelle) alle complicità che ci hanno fatto crescere e amare la vita.
Da qualche parte ho scritto che "una partenza significa aspettare."
Come quando, passando per la stazione, senti il fischio del treno e il rumore delle rotaie ti entra nella testa e nel cuore, perché per ogni persona che parte ce n'è una che rimane.
Come uno strappo.
Tu parti.
Io rimango.
Qualcuno mi ha insegnato che amore fa rima con libertà e che libertà combacia con verità e bellezza.
Tu mi hai dato tutto questo, ogni giorno di più.
Perchè ogni giorno è stato come aprire un pacco regalo senza buttare via la carta.
Quella carta mi è servita per scrivere la storia di un'amicizia che nessuno ha mai raccontato, e ad ogni pagina vorrei fare un orecchio, per ricordarmi tutto ciò che abbiamo vissuto ed imparato in tutti questi anni.
Perché c'eri tu ogni volta che c'ero io.
E c'ero io ogni volta che c'eri tu.
Ieri non è stato solo il tuo traguardo, ma anche il mio.
E la tua partenza, sarà anche la mia.
Perché un pezzetto di noi finisce sempre nel cuore delle persone che amiamo.
E le accompagna, dovunque andranno.
Una partenza significa anche ricordare e sperare.
Ricordare chi sale su quel treno portandosi dietro il rumore delle rotaie.
E sperare che quello stesso treno le riporti indietro, un giorno, con lo stesso fischio e lo stesso rumore che ti entra nella testa e nel cuore.
E allora fai buon viaggio, amica mia...e ricordati sempre che in te hai un pezzetto di me.
Non puoi non tornare...non potrei vivere senza.

domenica 12 dicembre 2010

Chiamami con il nome che mi hai dato...


Abbiamo bisogno di dare alle cose il proprio nome.
Se mangiamo il pane, abbiamo bisogno di sapere che quello è pane.
Se prendiamo una macchina, che quella è una macchina.
Se ci confidiamo con un amico, che quello è un amico.
Quando un bambino impara a parlare, apprende che quello si chiama tavolo, quello albero, quello pupazzo.
E quelli si chiamano mamma e papà.
Così facendo, impara anche a riconoscere le cose che lui chiama con il loro nome.
E apprende che se chiami, il più delle volte, loro rispondono.
Quando poi quel bambino cresce, capisce che anche i sentimenti hanno un nome: si chiamano amore, amicizia, risentimento, speranza, illusione, gioia, paura.
Sono quelli che ha imparato dalla vita, dentro e fuori dalla famiglia e, non di meno, dentro e fuori da se stesso.
Ma quando, diventando uomini e donne, non riusciamo a dare un nome a quello che proviamo, è come se volessimo mettere in un angolo quei sentimenti e i momenti vissuti che ci legano ad essi, come a coprirli con un telone bianco, come si fa con i mobili che vogliamo conservare, in attesa di ritornare ad abitarli.
La casa fatta di quei mobili rimane sempre la nostra, anche se sono coperti e anche se non è proprio come noi desideravamo che fosse: anche se non ha la scala a chiocciola, la porta scorrevole, la cucina con l'isola, il giardino e la staccionata bianca.
Per il solo fatto che l'abbiamo abitata e la abitiamo ancora, è nostra, perché un pezzetto di noi finisce sempre nelle cose che viviamo, sia che ci appartengano e sia che appartengano a chi ha sfiorato la nostra vita, anche e solo per un attimo.
Così come quei sentimenti senza nome, che tanto ci fanno paura, perché non sappiamo come chiamarli e loro, non sanno come risponderci, lasciandoci in un tempo che abbiamo imparato a chiamare in nostro soccorso sin da piccoli, quando cadevamo a terra e ci sbucciavamo un ginocchio urlando a nostra madre di venirci incontro, perché quella sbucciatura bruciava troppo: è proprio in quei momenti che abbiamo imparato a chiamare quel tempo attesa e a comprendere il suo valore.
Aspettare.
Che qualcuno venga in nostro aiuto, ci prenda in braccio e ci sussurri: non è niente, non avere paura, ora passa tutto.
Ma quando qualcosa ci brucia dentro e non sappiamo come chiamarla per poi vivere nell'attesa che ci risponda, la paura non passa e diventa parte di noi.
Per questo abbiamo bisogno di dare un nome, perché quelle sono le cose che restano: i sentimenti come le persone e come i momenti vissuti, come i sogni e come i ricordi.
E' questa la pasta di cui è fatta la vita.
E abbiamo bisogno di poterla chiamare, tutta intera, per riconoscerla nostra e di nessun altro.
In un esercizio dei miei laboratori di scrittura espressiva, chiedo a chi partecipa di dare un titolo alla propria vita, che sappia contenere il valore e l'unicità della stessa.
Quando veniamo al mondo, qualcuno ci assegna un nome che noi ci portiamo addosso fino alla fine dei nostri giorni, anche nei ricordi di chi ci sfiora e nelle vite di chi rimane dopo di noi.
Ma anche la nostra vita ha bisogno di essere chiamata per darci la possibilità di vivere nell'attesa che lei ci risponda e ci dica: non è niente, non avere paura, ora passa tutto.
Perché la vita è come una madre: ci ama anche quando sbaglia e quando siamo noi a farlo, e perdona tutte le nostre fughe, anche se non lo ammette o noi non lo ammettiamo.
Per questo abbiamo bisogno di chiamarla e di riconoscerla: senza, saremmo orfani senza sapere di esserlo.
E avremmo paura, senza sapere cosa sia questa paura.

lunedì 6 dicembre 2010

La prima volta

Avevo undici anni quando sono salita per la prima volta sulle punte.
Fino ad allora, per ballare, avevo usato le scarpette da mezza punta, quelle morbide e snodabili che quasi non le senti se le indossi.
Quelle scarpette da punta, però, erano diverse: con il gesso, dure e pesanti.
Ma soprattutto forti, perché dovevano sostenere il tuo peso mentre volteggiavi nell'aria.
E le percepivi, soprattutto quando inarcavi il piede per salirci sopra.
Ricordo la mia prima volta: quella sensazione di perdita d'equilibrio, di forza di volontà mista a fatica, di desiderio e di rassegnazione.
Ci salii per un secondo e scesi subito dopo.
Una volta, due volte, tre volte.
Fino a quando non ci rimasi per fare tutto l'esercizio e poi, con il passare degli anni, per eseguire intere coreografie.
Da allora tutto non è diventato più facile: il dolore, il sangue, la fatica, la resistenza erano gli stessi.
Quello che è cambiato è stata la percezione che io avevo di me stessa: potevo farcela.
Ciò che la danza mi ha insegnato è stato soprattutto questo, ed al di là di come, poi, è andata nel tempo, conservo dentro di me questi insegnamenti declinandoli, tutt'oggi, nella vita di ogni giorno, soprattutto nei momenti più difficili.
Penso sempre alla mia prima volta sulle punte e alla mia insegnante che al mio "non ci riesco" contrapponeva il suo "non esiste il non ci riesco".
Viviamo in un tempo che ci condanna, dalle piccole alle grandi cose.
Se sei diverso dagli altri per i motivi più svariati, dal preferire un modo di vivere che si basa sul "fare la differenza" al difendere determinati valori, vieni guardato come un alieno.
Se conservi la speranza nel cuore e provi a portarla nel luogo di lavoro, sei circondato da persone che si svegliano al mattino solo per fissare le lancette dell'orologio in attesa che scatti l'ora di uscire fuori ed essere al centro del mondo.
Se vivi non come vorrebbero gli altri, vieni giudicato perché "quelli della tua età dovrebbero essere così, e tu non sei e non fai così".
E allora ognuno di questi momenti diventa uguale a quel momento della prima volta sulle punte.
La stessa paura di non farcela, lo stesso dolore, la stessa resistenza.
E per fortuna, la stessa voglia di non mollare mai, nonostante il mondo contro.
Ogni giorno ci si rende conto di quanto la vita sia così labile e spesso sfuggente, che diventa troppo pesante sprecarla nel vivere le giornate come vogliono gli altri o come la pensano gli altri.
Sono stanca di vedere gente che si pone al centro del mondo, come una ballerina del carillon pronta a fare il suo balletto per ricevere gli applausi del pubblico, di gente che non va oltre il suo naso, che si chiude nel proprio egoismo e nei propri pensieri, che ride di te se non condividi il "pensiero della moda del momento" e che ha sempre la risposta pronta e preconfezionata per ogni cosa.
Io non ce l'ho tutte queste risposte, perché non smetto di cercarle e di cercarne altre.
E forse perchè penso che di vita qui, su questa terra, ne ho solo una.
E non ho voglia di sprecarla nel fare quello che fanno gli altri, nel pensare quello che pensano gli altri, nel vivere come vivono gli altri.
Sono fortunata, perché ogni giorno Qualcuno mi dona la conferma del che cosa ci sto a fare in questo mondo.
E ho deciso di percorrere questa strada, costi quel che costi, con tutte le mie forze.
Come la mia prima volta sulle punte.


"Due strade trovai nel bosco, io scelsi la meno battuta, per questo sono diverso" - Peter Weir



sabato 4 dicembre 2010

Ti vorrei bastare...


E' da qualche settimana che mi girano nella testa queste parole.
Da quando ho assistito al meraviglioso spettacolo di Erri De Luca qui a Firenze, "In viaggio con Aurora".
Non so perché, ma stamattina ho avuto l'impulso di cercarle e così, ho deciso di scriverle anche qui per voi.


VARIANTE DI CANZONE - ERRI DE LUCA


"Io te vurria vasà - sospira la canzone,

ma prima e più di questo io ti vorrei bastare

come la gola al canto e come il coltello al pane

come la fede al santo io ti vorrei bastare.

E nessun altro abbraccio potessi tu cercare

in nessun altro odore addormentare,

io ti vorrei bastare.

Io te vurria vasà - insiste la canzone,

ma un po' meno di questo io ti vorrei mancare,

più del fiato in salita,

più di neve a Natale,

più di benda su ferita,

più di farina e sale.

E nessun altro abbraccio potessi tu cercare

in nessun altro odore addormentare.

Io ti vorrei bastare."


Erri De Luca ha dedicato queste parole a sua moglie Teresa e quella sera le decantava con una passione e con una luce che solo l'eterna presenza dell'amore riesce a dare.
Da qualche parte ho letto che l'amore tra un uomo ed una donna è l'immagine sensibile che più raffigura l'essere di Dio.
Un darsi senza sconti, rimanendo se stessi, in ogni giorno della vita.
E soprattutto, bastando a se stessi, l'uno all'altra.
Non esiste niente di più bello ed eterno.




giovedì 25 novembre 2010

Crescendo si impara...

Elenco delle cose fondamentali che ho capito oggi:
1)Gli adulti che fanno gli adolescenti di ritorno mi fanno più paura degli assassini;
2)Chi non ha il coraggio di guardarti negli occhi mentre ti parla e ti toglie il saluto, va compreso.
3)Chi ti guarda dall'alto in basso solo perché "sei nessuno", non merita i tuoi pensieri.
4)Chi neanche ti ascolta perché "sei giovane" e hai una faccia che dimostra meno della tua età, è vecchio dentro.
5)Chi disprezza i tuoi valori perché sei controcorrente, ha bisogno di tempo per capire che cosa ci sta a fare in questo mondo.
6)Chi non riesce ad andare al di là del suo naso e capire che al mondo ci sono ragazzi e ragazze che soffrono, soprattutto in silenzio, ha bisogno di crescere (nel vero senso della parola).
7)Che il sorriso di una ragazza all'uscita della sala ha superato tutti gli sguardi torvi.
8)Che non mi stancherò mai di parlare d'amore, di quello sano e di quello che non è amore.
9)Che voglio continuare a portare avanti la tecnica della scrittura espressiva perché tocco con mano quanto faccia star bene.
10)Che ho bisogno di un po' di tempo per staccare la spina.
11)Che ho delle amiche meravigliose senza le quali non sarei quella che sono.
12)Che l'esperienza è l'insegnante più difficile: prima ti fa l'esame e poi ti spiega la lezione.
13)Che una semplice frase "grazie...perchè da oggi mi farò qualche domanda in più", ti spiega il perché stai al mondo.
14)Che sono una ragazza fortunata, perché Qualcuno lassù, mi ha regalato un sogno.

lunedì 22 novembre 2010

Iniziative

Carissimi lettori sirenetti,
vento di novità in arrivo.
In particolare per gli amici lombardi e toscani, ho da proporvi due iniziative particolari.
Partiamo dal nord.
A Como, un gruppo di splendide amiche, ha realizzato l'iniziativa "SmarTime", un ciclo di incontri/serate con personaggi di spicco del mondo della cultura, dell'arte, della musica, della danza.
Gli incontri hanno avuto inizio giovedì 4 novembre con un aperitivo musicale in compagnia di Alberto De Simoni (chitarrista) e Chiara Argentero (voce).
Il secondo appuntamento si è tenuto il 18 novembre in compagnia di Andrea Sciffo (docente di lettere, giornalista e scrittori).
Tutti gli incontri si svolgono presso il ristorante MOMO (5' piano COIN), nel quale ho avuto l'onore di passare una bellissima serata in splendida compagnia, al centro di Como.
Per maggiori informazioni soprattutto sui prossimi incontri potete scrivere a smartime6@gmail.com.

Per gli amici fiorentini, invece, giovedì 25 novembre in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, il Comune di Firenze organizza un'intera giornata presso il "Complesso delle Oblate" dalle ore 9:00 alle ore 23:00.
Durante la mattinata ci sarà una conferenza/incontro con i ragazzi delle scuole superiori fiorentine.
Introdurrà e coordinerà il giornalista Giacomo Guerrini.
Interverrano l'assessore alle Pari Opportunità del comune di Firenze, la Questura di Firenze per la presentazione del progetto "Che genere di violenza è", l' associazione "Artemisia" per la presentazione dell'iniziativa "Fiocco Bianco" e Carmen Garofalo (che sarei io) per un confronto con i ragazzi sulla prevenzione della violenza di genere dal titolo "I segni: non ci sono o non li hai mai visti?"
Seguirà l'inaugurazione della mostra fotografica "Basta!" di Livio Moiana.
Nel pomeriggio si susseguiranno una serie di laboratori tutti rigorosamente gratuiti tra i quali: dalle 12:30 alle 14:30 quello di DanzaMovimentoTerapia "Il corpo come luogo di memoria"a cura della dott.ssa Annarita Del Vecchio, quello di pittura creativa "Emozioni nelle dita", dalle 16:00 alle 17:30 il laboratorio di scrittura espressiva "Quello che le donne raccontano" a cura della sottoscritta (non sembra ma in quella giornata sarò onnipresente), seguirà una rivisitazione in tango della Milonga di Paolo e Francesca a cura di Claudia Di Fonzo e tante altre iniziative.
Alle ore 18:00 ci sarà una tavola rotonda diretta da Giacomo Guerrini con tutte le Associazioni del Terzo Settore, seguirà un aperitivo e infine lo spettacolo "L'altra me" con Letizia Fuochi.
Per ulteriori informazioni progetto.donna@comune.fi.it.



venerdì 19 novembre 2010

A te...

Dovevo scriverti ieri, ma ho avuto una brutta giornata...e non volevo dedicarti quella.
Ti scrivo oggi, e lo faccio qui perché te lo avevo promesso.
Voglio raccontarti una storia.
Sai come nasce una perla?
Un corpo estraneo entra nel guscio della conchiglia e da lì non può più uscire.
Il mollusco che vive all'interno della conchiglia lotta per combattere contro questo predatore e per difendersi comincia a crearsi una sorta di guscio liscio e duro, chiamato madreperla.
Il predatore continua a rimanere dentro la conchiglia e il mollusco continua sempre a proteggersi creando intorno a lui, strato dopo strato, questo guscio, fino a coprire del tutto il corpo estraneo.
Da qui nasce la perla.
Questa è un po' la metafora del dolore.
Quando il dolore entra nella nostra vita, di qualsiasi pasta sia fatto, è un estraneo da cui noi dobbiamo difenderci per non scomparire sotto la sua indomabile presenza.
Come fa un mollusco nella sua conchiglia, abbiamo bisogno di rendere quel dolore uguale a noi, ricoprendolo, strato dopo strato, di tutte quelle piccole grandi cose di ogni giorno che ci rendono quello che siamo, per poi non averne più paura e anzi, trasformarlo in una perla.
Vorrei che tu avessi sempre la forza di un mollusco nella sua conchiglia, senza avere paura di avere paura.
La paura e il dolore ci rendono umani, e molte volte sono la chiave di accesso alla bellezza del nostro presente.
Lascia spazio a quel dolore, guardalo in faccia e rendilo simile a te.
E' questo quello che vorrei per te...che tu scoprissi presto la tua perla così da avere sempre fame della vita: della tua e di quella degli altri.
Perché la vita si guarisce con la vita.
Solo con la vita.

mercoledì 17 novembre 2010

I magnifici 15

La dolcissima Minerva de "L'occhio non vuole la sua parte" mi ha regalato la possibilità di rinfrescare la mia memoria letteraria, andando alla ricerca dei quindici scrittori che più hanno caratterizzato la mia vita.
Ecco il mio elenco, non in ordine di preferenza né in ordine alfabetico, bensì in quello di memoria:
1) Emily Bronte, perché senza di lei forse non saprei apprezzare una storia d'amore.
2)Charlotte Bronte, perché è riuscita ad infondere la speranza che per tutte esista un signor Rochester.
3)Nicholas Sparks, perché ogni suo libro è per me una boccata di romanticismo (non melenso, come giudicano alcuni).
4)Dante, perché credo non esista uno come lui.
5)Dostoevskij, perché non riesco a non finire i suoi libri senza farmi infinite domande.
6)Tracy Chevalier, perché è la scrittrice più raffinata che io conosca.
7)David Grossman, perché per me è riuscito laddove tutti hanno fallito.
8)Massimo Gramellini, una recente splendida scoperta.
9)Margaret Mazzantini, perché è una scrittrice vera.
10)Cormac McCarthy, perché nelle sue pagine fa morire e rinascere.
11)Patrick McGrath, perché è uno dei pochi che sa raccontare la malattia mentale.
12)Alexandre Dumas, perché il suo "Conte di Montecristo" è stato il mio primo amore.
13)Silvia Avallone, perché è una giovane scrittrice solida.
14)Guillame Musso, perché sa essere spirituale senza essere sopra le righe.
15)Tutti quelli che hanno saputo aprirmi la mente e il cuore e che continueranno a farlo.
Ci riscriviamo prestissimo...

mercoledì 10 novembre 2010

Pensierino della sera...

"'Ti racconterò una storia, Tomàs. Il protagonista è un ragazzo che sognava di diventare chitarrista.
L'avventura incomincia la mattina del suo quattordicesimo compleanno, quando gli regalarono una chitarra.
Era veramente bella. Ma piena di corde. Il ragazzo le sfiorò con le sue dita timide e ne fu respinto. Allora le toccò con più vigore: la chitarra emise un gorgoglio ottuso che non aveva niente da spartire con il mondo di suoni che lui sentiva dentro.
Andò a scuola di musica. Aveva imparato da qualche parte che quando un sogno ti resta incollato addosso per molto tempo significa che non è più un'illusione, ma un segnale che ti sta indicando la tua missione nella vita. Cucinare spaghetti. Fare calcoli. Riparare orologi. Ciascuno ha la sua e l'errore consiste nel credere che una sia più importante dell'altra, solo perché non tutte procurano fama e denaro.'
'Ci sarà pure una differenza fra chi ripara orologi e chi viene chiamato a riparare il mondo.' - si domandò Tomàs.
'Nel giudizio degli uomini. Non in quello dell'universo, se entrambi infondono nella propria opera il senso di un'esistenza. Il ragazzo era sicuro che la sua missione consistesse nel tirare fuori dalla pancia quei suoni.'
'Come si comportò a lezione?'
'Non apprese nulla, purtroppo. Allora ci ritornò. E fu ancora peggio. Disse mi arrendo, il mio sogno era falso, non ho alcun talento per la musica. Nascose la chitarra in un baule e accese la radio per impedirsi di pensare. Venne invaso da un suono semplice e nuovo che riecheggiò nella sua anima. Così aprì il baule, abbracciò la chitarra e provò il primo accordo. In quel momento capì che per sapere se un sogno è giusto bisogna prima rinnegarlo, affinché la vita te lo restituisca per sempre con una rivelazione improvvisa.'
'E una volta compreso il suo talento, in quale modo lo sprecò?' - disse Tomàs.
'Chi trova il proprio talento non lo spreca mai. Quel ragazzo si chiamava John Lennon'".
L'ultima riga delle favole, Massimo Gramellini (Longanesi)
P.S.: la vita è difficile, ma non impossibile. Non smettete mai di credere nei vostri sogni!

lunedì 8 novembre 2010

Traumi infantili

Quando la piccola Allegra, ancora a voi sconosciuta, imparò il magico mondo delle parole, se ne dimenticò una essenziale, che spesso è l'unica àncora di salvezza per mantenere la propria salute mentale.
Questa parola è il NO.
Imparate a dire di no a volte. Non fate come la sottoscritta.
Ed abbiate pazienza, c'è un disordine tale nelle mie giornate che chiuderei volentieri gli occhi per non vederlo.
Torno presto, voi fate i bravi.

martedì 2 novembre 2010

In questo giorno particolare...


... ai miei quattro nonni che da lassù non smettono di seguire ogni mio passo.

A U., il mio "quinto nonno" che mi ha vista crescere e lo fa ancora oggi immerso nel blu del cielo.

A P., la mia infanzia della finestra di fronte strappata troppo presto.

A L., che da poco è distesa su un letto di fiori continuando sempre a ripetermi "grazie dottoressa".

A M., la mia piccola grande stella.


"La morte non è niente. Sono solamente passato dall'altra parte: è come fossi passato nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo saremo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami.
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza.
Perchè dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono solo dall'altra parte, dietro l'angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, la mia tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami.
Il tuo sorriso, è la mia pace."

Henry Scott Holland

domenica 31 ottobre 2010

Giorni come pioggia che cade...



Le giornate di pioggia somigliano a lunghe chiacchierate con un'amica, in cui senti il bisogno di essere te stessa, quando il mondo ti sfida a metterti una maschera.
La pioggia t'impone di alzarti dalla sedia e di accorrere alla finestra per chiuderla meglio, e osservare le gocce che s'infrangono sui vetri vedendole morire nell'invisibile.
E in quel momento fai una lunga chiacchierata con te stessa, a cui, di tanto in tanto, affidi il ruolo di amica del cuore.
I giorni stanno passando troppo in fretta, e questo, a volte, non ti piace per niente.
Sono giorni in cui aspetti di rivedere un'amica cara che è partita lasciandoti un bene immenso e che sta per affrontare una prova importante.
Sono giorni in cui attendi che nasca lui, quel bambino che hai visto crescere nella pancia di una meravigliosa mamma, augurandoti che cresca sempre nell'amore e nella speranza.
Sono giorni in cui vivi la fiducia di qualcuno e la sfiducia di altri, sapendo che dappertutto ci saranno persone che crederanno in te e altre che non punterebbero mai e poi mai su quella che sei.
Sono giorni in cui ripeti a te stessa: io non voglio diventare così, mentre lotti ogni giorno contro la mancanza di amore nel lavoro di chi ti sta accanto.
Sono giorni in cui pensi spesso a lei, che da lassù ti disegna un sorriso con polvere di stelle, perché lei sa che spenderai la tua vita per chi vive un dramma come lo è stato il suo.
E sa che ce la farai.
Sono giorni che al mattino pensi che sia tutto inutile e poi alla sera scopri che, in fondo, qualcosa non è proprio da buttare.
Sono giorni in cui sei stanca di ascoltare gli inutili pregiudizi sul tuo lavoro e decidi di non rispondere più, ma di agire, perché è lì che si gioca la vita.
Sono giorni in cui ti ammali spesso, dando a te stessa la conferma che la tua salute non è il tuo punto di forza.
Sono giorni di domande e di ricordi, dove non riesci a delineare un confine.
Qualcuno ti ha detto che "Dio non si ripete nel creare le anime".
Hai capito che è vero.
Perché questi sono anche giorni di miracoli, in cui nonostante i tuoi difetti, gli sbagli, l'arroganza di chi sta intorno, le giornate spezzate e il buio del cielo, riesci sempre a credere in te stessa e nella vita.
E questa, è l'unica pioggia che mai vorresti smettesse di cadere.


giovedì 21 ottobre 2010

Pensierino della sera...


"Fu la mia porzione quella donna venuta fino a me.
Edificammo contentezze, lenticchie di una festa minore ma continua.
Fu la mia porzione e non l'ho custodita.
E' stata poco con me, una breve durata nel corso della vita...però è venuta.
Essere al mondo, per quello che ho potuto capire, è quando ti è affidata una persona e tu ne sei responsabile e allo stesso tempo tu sei affidato a lei e lei è responsabile per te.
Sette anni non furono pochi.
Anche se fossero stati la metà o la metà ancora, non sarebbe stato poco.
Non ci si può lamentare della brevità, ma della lunghezza sì.
Ho avuto imbarazzo a vivere ancora."

Non ora, non qui - Erri De Luca (Feltrinelli)

Allegra parte per un fine settimana con le sue amiche, ci riscriviamo domenica sera!



lunedì 18 ottobre 2010

Strano il nostro destino!


Quello degli psicologi, nelle relazioni personali, è uno strano destino.

Se sei con amici, che non sono psicologi, e state parlando di qualsiasi cosa e tu te ne esci con una risposta delle tue, loro ti diranno: non cominciare a psicoanalizzare anche la mia tosse, per favore.
Va bene. Ma tu avevi fatto solo una considerazione.

Se sei con il tuo fidanzato e state litigando, lui ti dirà: non fare la psicologa con me!
Va bene. Ma tu stavi semplicemente cercando di capire.

Se stai rimuginando sulla tua vita segandoti il cervello e ti stai anche rendendo conto che magari stai esagerando, e che stai vedendo nero laddove c'è bianco, ma inconsciamente vuoi sentirti coccolata e quindi esageri esageri ed ancora esageri...la persona che sta parlando con te ti dirà: ma come te l'hanno data la laurea in Psicologia io proprio lo vorrei capire (mia mamma ieri al telefono).
Va bene. Ma tu stavi solo cercando una disconferma ai tuoi deliri (grazie mamma, so che, nonostante tutto, mi stimi!).

Se sei in famiglia e c'è un problema e tu stai cercando di avere ragione, loro ti diranno: ma proprio tu che sei psicologa dovresti capire!
Benissimo. Con questa non ci facciamo mancare niente!

Signore e signori, a completamento del quadro, la sottoscritta, stamattina, ha rotto uno specchietto mentre stava trasportando le sue cose da una borsa ad un'altra.
Non è superstiziosa, ma se non la risentite fra circa una settimana, cominciate a preoccuparvi.

Anche le psicologhe hanno paura...sappiatelo tutti!

sabato 16 ottobre 2010

L'infinito domandare...

Questo video mi è stato mandato da una persona speciale pochi giorni fa.

Lo dedico anche a voi, sperando possa regalarvi le stesse emozioni che ha dato a me.

Buon fine settimana dalla vostra Allegra!

giovedì 14 ottobre 2010

Un regalo per me...


Domani, nella rubrica
"Il mestiere di scrivere" , la scrittrice Barbara Garlaschelli pubblicherà un mio racconto.

Sono enormemente felice ed onorata del suo apprezzamento nei riguardi del mio scritto e di essere ospitata nel suo sito all'indirizzo www.bagarlaschelli.splinder.com.

Il racconto verte su un tema sfortunatamente molto attuale ed è firmato con il mio vero nome.

L'ultimo romanzo della scrittrice è "Non ti voglio vicino" edito da Frassinelli di cui vi parlerò a breve...quando mi sarà passata l'influenza!

"Leggere è cibo della mente"...a domani!
p.s.: quello che vedete nell'immagine accanto è il prototipo della biblioteca che vorrei avere nella mia casa da grande...come vedete mi accontento di poco.

lunedì 11 ottobre 2010

Pensierino della sera...


"Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatré volte.

Se qualcuno ama un fiore di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta a farlo felice quando lo guarda.

E lui dice: il mio fiore è là, in qualche luogo.

Se tu vuoi bene ad un fiore che sta in una stella, sarà dolce la notte guardare il cielo, perché tutte le stelle saranno fiorite.

Guarderai le stelle, la notte...è troppo piccolo da me perché ti possa mostrare dove si trova la mia stella.

E' meglio così, la mia stella sarà per te una delle tante stelle.
Allora, tutte le stelle ti piacerà guardarle.

Tutte saranno tue amiche.
Gli uomini hanno delle stelle che non sono le stesse...ma tutte queste stelle sono zitte.

Tu...solo tu avrai delle stelle come nessuno ha.

Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero.

Tu avrai, tu solo avrai delle stelle che sanno ridere.

E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre) sarai contento di avermi conosciuto, avrai voglia di ridere, e aprirai a volte la finestra, e i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo.

Allora tu dirai: sì, le stelle mi fanno sempre ridere.
E ti crederanno pazzo.

Anch'io guarderò le stelle. Tutte le stelle mi verseranno da bere...sarà divertente.

Sarà un anno, questa notte.

Sai, il mio fiore...ne sono responsabile. Ed è talmente debole e talmente ingenuo: ha solo quattro spine da niente per proteggersi dal mondo.
Non so come toccarlo, come raggiungerlo...il paese delle lacrime è così misterioso che di questo pianeta rimpiange i suoi millequattrocentoquaranta tramonti nelle ventiquattro ore.

Ora lo dico a voi: se vi capita di passare di là, fermatevi un momento sotto le stelle.

Non lasciatemi così triste.

Se lo vedete, scrivetemi subito che è tornato."


Antoine De Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe

martedì 5 ottobre 2010

Message in a bottle


La sottoscritta non riesce a studiare senza alzarsi automaticamente ogni dieci minuti dalla sedia (deve recuperare la concentrazione di un tempo, sta invecchiando, deve ammetterlo).
Durante una delle sue "alzate" ha visto sbucare un foglio dalla sua agenda posata su un tavolinetto.
Incuriosita l'ha tirato fuori e le si è subito disegnato un sorriso sulle labbra.
Non vi dico cosa c'era scritto né l'autore dello stesso, ma vi rendo partecipi di un compito molto amato dai ragazzi con i quali ho fatto i laboratori di scrittura espressiva, una delle esperienze più belle di tutta la mia vita.

Questo è uno degli esercizi migliori, l'ho fatto anch'io oggi su me stessa per esorcizzare la mia deconcentrazione. Ve lo dedico...provateci anche voi:


"Cosa scriveresti di te stesso e della tua storia di così essenziale da poter essere sigillato in una bottiglia e gettato in mare?
Cosa vorresti si sapesse di te che potesse sopravvivere e approdare da qualche parte?
Cos'è l'atomo da salvare, l'essenza della tua vita che vorresti rimanesse per sempre?

Scrivetelo, sigillatelo nel vostro cuore e poi gettatelo nel mondo, su qualsiasi riva, quando sarete pronti, perché sia in grado di seminare la bellezza dovunque.

Scrivete, scrivete, scrivete...perché fa un bene immenso!

sabato 2 ottobre 2010

Pensierino del fine settimana...



"Nell'anima tutto avviene secondo un ritmo più profondo.


Ascoltarlo è la cosa più importante che si possa imparare in questa vita"




Etty Hillesum, Lettere. 1942-1943 (Adelphi)




Buon fine settimana dalla vostra Allegra che in questi giorni si rimette a studiare...voi fate i bravi!

giovedì 30 settembre 2010

Questo blog è stato premiato...


E' arrivato il momento.
La mia collega Chiara de "Il soffitto di casa mia" http://www.ilsoffittodicasamia.blogspot.com/ ha regalato al mio blog un premio che io ho postato qui sopra, il quale chiede di fare una cosa che io, sinceramente, non faccio mai.
Né in questo blog né nella mia vita personale.
Sto parlando di "psicoanalizzarsi".
Vero o no che io non lo faccio quasi mai? Non ridete eh...che vi guardo uno ad uno!
Ebbene, ringraziando Chiara per il premio e soprattutto per la sua presenza costante e preziosa nel mio blog che lo arricchisce ogni giorno di più, dopo essermi psicoanalizzata mentre correvo (finalmente ho ripreso la mia corsetta quasi quotidiana) stilo le dieci cose che io amo di più.



1) Amo la mia famiglia, senza la quale non sarei quella che sono.


2) Amo la mia professione, che mi permette di guardare alla vita ogni giorno con gli occhi di una persona nuova.


3)Amo Antonella, Chiara e Catia, ossia "i miei punti cardinali" e tutti gli altri miei amici, quelli di sempre e quelli che nell'ultimo anno mi hanno regalato la loro bellezza (in particolare Caterina, Sara e Leonardo).


4)Amo i bambini e i ragazzi, per i quali ogni giorno cerco di essere sempre migliore.


5)Amo i libri. Ho sempre preferito un libro ad un vestito nuovo, per la "disperazione" della mia mamma.


6)Amo scrivere, che è per me vivere ogni giorno.


7)Amo chi è lassù accanto alle persone che ho perso e che un giorno ritroverò: ogni giorno mi raccontano la vita con polvere di stelle.


8)Amo la mia Calabria, nonostante i suoi difetti, e Firenze, che mi ha gentilmente adottata.


9)Amo il mio presente, a cui cerco di dare ogni giorno una ragione per esistere.


10)Amo chi lo sa già, a cui mai mancherà il mio amore.


Il premio consiste anche nel nominare altri dieci blogger per chiedere loro di fare la stessa cosa.
Io cambio le regole, perché ogni tanto mi piace farlo, e chiedo invece ad ognuno di voi di fare la stessa cosa: a chi è sempre presente, a chi legge senza commentare, a chi passa di qui per la prima volta o a chi è saltata agli occhi questa pagina senza volerlo.
Riflettete su ciò che amate, è un modo per conoscersi ancora di più.
E per amarsi, soprattutto.

martedì 28 settembre 2010

Canzone della sera...

Perdonate l'assenza, ma il periodo è sottosopra.

Ascoltate questa bellissima canzone...torno presto!

giovedì 23 settembre 2010

Tre cose ci sono rimaste del paradiso: i fiori, le stelle...e i bambini.





Sabato 25 settembre in cento piazze italiane, i volontari ABIO (Associazione Bambino In Ospedale) vi aspettano per raccontarvi la loro esperienza nelle pediatrie festeggiando la sesta giornata nazionale dell'associazione per darvi la possibilità di offrire il vostro contributo che servirà alla formazione di nuovi volontari affinché possano svolgere un servizio qualificato.

Perché i bambini in ospedale non sono solo corpi da curare ma anche anime da rallegrare.

Aiutateci a garantire loro il diritto al sorriso cercando la postazione ABIO più vicina alla vostra città.


Per maggiori informazioni http://www.abio.org/


"Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di loro se ne ricordano" - A. De Saint-Exupéry, Il piccolo principe

Tu vuoi dimenticare o ricordare?


martedì 21 settembre 2010

Siamo davvero così soli?


La matematica non è mai stata il mio forte...ma un po' di basi, qualcuno ha fatto in modo che io le avessi.
A scuola mi hanno insegnato che i numeri primi sono divisibili soltanto per se stessi e che quelli non divisibili per se stessi, si chiamano numeri composti.
Quando qualche anno fa uscì un romanzo, diventato best seller e vincitore di quasi tutti i premi letterari possibili e immaginabili (in Italia), mi sono chiesta: che cosa avrà mai questo romanzo con un titolo così ambiguo e che tanto mi ricorda i banchi di scuola?

E' bastato leggerlo per scoprirlo, accorgendomi, pagina dopo pagina, di anelare a qualcosa che non arrivava mai.
E che non è mai arrivata.
Nelle prime pagine, Alice e Mattia sono due bambini.
E sono soli: con i loro traumi, con le loro difficoltà nella crescita, con le loro famiglie invisibili.
Poi crescono e diventano adolescenti.
Sempre soli ad affrontare l'età più importante e pregnante di sfide.
Si cercano, ma non si trovano. Mai.
Nelle ultime pagine, Alice e Mattia sono due adulti.
E sono sempre soli: con un dolore dell'anima schivo e prepotente.
Ricordo di aver alzato gli occhi al cielo appena letta l'ultima pagina, sentendo dentro una profonda mancanza di tutto.
Poi ho visto il film omonimo, qualche settimana fa.
E non c'è stato un solo secondo di respiro in quelle scene, uno solo in grado di trasmettermi un briciolo di illusione.
Dire speranza è dire troppo.
La storia della solitudine dei numeri primi è, in parte, il quadro di una realtà che esiste.
Ma siamo davvero così soli?
E se il mondo là fuori ci distrugge, davvero siamo così soli anche dentro di noi tanto da non essere capaci di trovare un modo, anche il più semplice ed elementare, per aggrapparci a qualcosa?
"Era rimasto impassibile e in silenzio ad aspettare che fosse troppo tardi".

Possibile che ci sia tanta solitudine anche nella nostra anima da non permetterci di alzare la voce e farci sentire vivi?
E se anche fosse troppo tardi, perché non avere fiducia in un qualcosa di più grande?
No, non c'è neanche quella.
Alice è malata di anoressia.
Solo gesti meccanici, nella solitudine.
Alice non mangia. Alice tagliuzza il cibo e lo fa a poltiglia nascondendolo in un tovagliolo.
Alice getta un pomodoro nel water mentre è a cena con l'uomo che sposerà. E che non ama.
Dov'è l'anima di una ragazza malata di anoressia in quelle pagine e, ancor di più, in quelle scene?
Non c'è. E fa male quest'assenza.
Non si può raccontare l'anoressia in questo modo. E' uno schiaffo che brucia.
L'interiorità è confinata solo e soltanto alla solitudine. Per il resto, non esiste.
Che sia di un dolore, di un trauma, di una malattia, di una bugia, di una mancanza.
Non esiste.
Eppure...Alice e Mattia sono due esseri umani.
Con un corpo ed un'anima. Come tutti.
Perché ci fa tanta paura raccontare l'anima nelle sue infinite sfaccettature e ci limitiamo a puntare il dito sempre e solo alle sue mancanze?
Non è per questo che ci svegliamo ogni mattina.
E per quanto questo mondo possa essere troppe volte ingrato, per quanto i sogni spesso s'infrangano prima che tu te ne possa rendere conto, per quanto il dolore ti entri dentro diventando parte di te, di qualsiasi pasta esso sia fatto...non è mai troppo tardi.
Nessuno è mai lontano abbastanza per non toccarsi.
Nessuno è realmente un numero primo, divisibile solo per se stesso.
Se fosse solo così, la nostra vita sarebbe inutile e vana.
E non lo è.


sabato 18 settembre 2010

C'era una volta uno strano inizio...


"Mi sento un errore. Un errore di ortografia.
Una doppia dove non ci va.
Un "fà" con l'accento.
Un colpo di bianchetto ed io sparisco.
Come tutti gli errori.
Il foglio resta bianco, pulito, e nessuno vede il dolore nascosto da quello strato bianco."

Alessandro D'Avenia,
Bianca come il latte rossa come il sangue

Così mi sono sentita appena varcata la soglia del luogo dove passerò i miei prossimi sei mesi.
Enormemente piccola davanti ai giganti.
Ma quando mi sono seduta per la prima istruttoria accanto al giudice onorario a cui farò da assistente, non ho trovato il bianchetto.
Dovevo sentirmi un errore, senza nascondermi.
Dovevo avere ansia, dovevo sentirmi sbagliata e sconosciuta in quel posto, dovevo sentirmi piccola.
Per poi affrontare tutto quanto.
Si cresce solo così.
Purtroppo o per fortuna.
Sono passati solo tre giorni dal nuovo inizio.
La nostalgia di ciò che ho lasciato è forte e lo è altrettanto la gigantesca novità che ho davanti.
Ma si cresce anche così.
Purtroppo o per fortuna.
E' solo l'inizio.


giovedì 16 settembre 2010

Bilancio dopo...


...25 anni di vita:
sto imparando a volare, affinché tutto quello in cui credo diventi possibile.