venerdì 6 novembre 2009

Non vi dico "addio" ma "ciao"...

Così come tutto ha un inizio, tutto ha una fine.
Prendo a prestito una frase che scrisse una ragazza di 14 anni raccontando un’esperienza difficile: “non ti dico addio, ma ciao”.
E’ quello che scrivo qui, a tutti voi, uno ad uno. Unito ad un grazie particolare.
Allegra ha deciso di lasciare il suo “Canto delle sirene”, perché ne ha bisogno.
Sono stati tre anni intensi, che mi hanno arricchito profondamente, che mi hanno fatto amare un mondo che pur essendo virtuale, ha regalato a queste pagine un so che di reale che riusciva a far nascere sempre nuovi spunti e nuove idee.
Vi dico grazie uno ad uno: Federico, Caterina, Cavaliere Oscuro, Allegro, SerenoPocoNuvoloso, Lorenza, 1Sorriso, Don Mario, Chiara, Giacomo, L. C. e P., tutti gli anonimi e tutti quelli che hanno letto le mie pagine in silenzio senza commentare.
E se ho dimenticato qualcuno, chiedo perdono.
Allegra giovedì 12 novembre si laurea. Sarà un giorno importante che le aprirà l’inizio di una scelta di vita.
Ma non chiude il blog per questo.
Alessandro Baricco scriveva:
“Accadono cose nella vita che sono come domande. Il tempo passa e poi la vita risponde.”
Beh…è vero.
Non cancello il blog, ma lo lascio aperto, per dare la possibilità di leggere a chiunque si trovi a passare, e a voi, se volete, di rileggere ciò di cui avrete bisogno nei momenti della vostra vita.
Questo post non ha commenti, ma è solo il mio saluto a tutti voi.
Allegra vi dice “ciao” non “addio”, sperando di avervi regalato un po’ di sé e un po’ del suo amore verso ciò a cui tiene di più: Dio, i bambini, la scrittura, l’essere sé stessi, l’amore.
E chissà, forse un giorno ritornerà a scrivere su queste pagine.
Ma non sarà troppo vicino.
Un ciao allegro ad ognuno di voi…e ad uno ad uno vi dico GRAZIE per aver dato voce al mio canto.

lunedì 2 novembre 2009

"Anche io ero una spiga che cresceva nei campi"


Cara Alda,
non eri tu quella che diceva: non sono felice della mia morte, ma me ne dovrò andare (Cara Federica)?
Sì, eri proprio tu.
La stessa di cui m’innamorai in un giorno di inverno quando, insieme a mia madre, uscii per fare compere.
Lei voleva comprarmi una maglietta nuova…ma io volevo un libro.
E’ sempre stato così: ho sempre preferito un libro ad un vestito nuovo.
Così quel giorno comprai “Clinica dell’abbandono”, innamorandomi perdutamente della tua poesia.
In tanti versi mi riconoscevo, tanti versi ho amato e altrettanti ho odiato.
Ma c’era sempre qualcosa in quelle pagine che riusciva a trasmettermi voglia, disperazione, tormento, amore infinito.
Sì…amore infinito impregnato di dolore. Quel dolore anch’esso amato, perché figlio dello stesso amore.
“Sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida” (La volpe e il sipario) – , un modo per esorcizzare il dolore, la presenza\assenza di un bisogno, il contatto con i propri sentimenti quasi sempre in guerra tra di loro.
Spesso ciò che muove una mano su un foglio bianco, è l’assoluto bisogno di condividere un dolore, di guardarlo in faccia e di rivestirlo di parole.
Così diventa un dolore cambiato, un dolore condiviso, un dolore descritto e ripetuto, un dolore compreso e forse, assolto.
C’è un passo, scritto da te, che ricordo di aver segnato su un foglio appeso alla parete della mia vecchia stanza “Il potere dei poeti è molto esiguo: un foglio bianco, molta solitudine, qualche strappo al cuore, e una guerra o due”.
Non ricordo quando lo scrissi né quando lo cancellai, ma vi rimase il tempo necessario per scriverlo nel cuore e non dimenticarlo più.
Ho cercato d’insegnare a dei ragazzi che scrivere può far bene, non so se loro lo hanno imparato, ma io spero di poterlo fare ancora.
Con le tue poesie, tu mi hai insegnato quanto scrivere possa riuscire ad esorcizzare il dolore, senza dimenticarlo… e ti ringrazio per questo.
Grazie soprattutto per aver scritto che “le più belle poesie si scrivono davanti ad un altare vuoto”(La terra santa), perché possiamo sempre ricordare che scrivere permette anche di descrivere un vuoto che dobbiamo essere in grado di riempire a partire da noi stessi e che le parole più belle nascono quasi sempre da quel dolore che impariamo ad amare e che poi ci fa crescere e diventare “grandi” pur rimanendo piccoli.
Come te..."una spiga che cresceva nei campi".

domenica 1 novembre 2009

Tutto qua?






Ieri sera Allegra ha ascoltato, più che parlato.
La chiacchierata di ieri sera le ha fatto venire in mente una scena di un bel film.

"Tutto qua?" - lei.

"Abbi una felicità delirante...o almeno non respingerla." - lui.

"Va bene, vedrò di fare il possibile"- lei.

"Lo so che ti suona smielato, ma l'amore è passione...qualcuno senza cui non vivi.Io ti dico: buttati a capofitto, ascolta il tuo cuore...io non sento il tuo cuore. Perchè la verità è che non ha senso vivere se manca questo. Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente, bhe...equivale a non vivere.Ma devi tentare, perchè se non hai tentato non hai vissuto" - lui.

"D'accordo. Dimmelo di nuovo, stavolta in breve..." - lei.

"Non respingere"- lui.
Vi presento Joe Black

Vi invito a riflettere sulla vostra "felicità delirante". Che cos'è?